Saper toccare per vedere il mondo

Tutto ebbe inizio da un incontro fortuito con un imprenditore americano non vedente durante una visita guidata personale alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia. Al termine dell’esperienza, la mediatrice culturale Valeria Bottalico si vide consegnare dal facoltoso signore una sostanziosa somma di denaro, con la raccomandazione di dar vita a un programma destinato ai non vedenti e ipovedenti all’interno della mostra. Il signore si chiamava Gordon Gund ed era (ed è tuttora) uno scultore nonché presidente in carica della fondazione che porta il suo nome: The Gordon and Llura Gund Foundation.
L’entusiasmo e il passaparola fra i visitatori ciechi hanno fatto il resto, facendo sì che il progetto Doppio senso avesse successo, tanto da programmare un nuovo ciclo annuale di appuntamenti che partirà il prossimo giugno (2016).
Così Philip Rylands, Direttore della Collezione Peggy Guggeheim, ha raccontato la genesi del progetto “Doppio senso” alla giornata di studio tenutasi l’11 marzo 2016 presso l’Aula Magna Silvio Trentin Ca’ Dolfin dell’Università degli Studi Ca’ Foscari a Venezia.
Al tavolo dei relatori sedevano fra gli altri la curatrice del progetto Valeria Bottalico, Aurelio Sartorio responsabile del Centro materiale didattico dall’Istituto dei Ciechi di Milano, lo scultore non vedente Felice Tagliaferri. Raccolti nella splendida aula dell'università Ca' Foscari c'erano ad ascoltarli insegnanti, studenti, direttori di musei e giornalisti.
Dal dibattito è emersa forte la convinzione che tutte le categorie di pubblico (a prescindere dalla formazione e dall’abilità) possano partecipare al processo di conoscenza dell’arte. D’altra parte il patrimonio dei beni artistici deve essere accessibile sia fisicamente sia intellettualmente, perché l’accessibilità è un fatto di relazione, sia delle persone con le opere, sia delle persone fra di loro.
“Doppio senso” è un progetto sperimentale che non è nato improvvisamente ma è frutto di una ricerca puntuale e capillare portata avanti nel tempo da più professionisti. È un dialogo fra il sapere professionale e il sapere umano.
A rimarcare l’originalità della collezione esposta a Venezia è stata la stessa Valeria Bottalico: «Peggy Guggenheim è stata una collezionista che ha saputo vedere lontano, una collezionista che ha rotto gli schemi grazie alla sua passione per le Avanguardie Storiche». E infatti nel percorso di “Doppio senso” compaiono “Verso l’alto” di Kandinskij, “Ritratto di Frau P. nel sud” di Paul Klee e “Giovane donna a forma di fiore” di Marx Ernst.
L’aspetto innovativo del progetto sta nel rappresentare opere astratte partendo dall’arte astratta, cercando di rendere accessibili le immagini a chi non vede, ma soprattutto ripercorrendo il processo mentale che dal particolare conduce all’universale, cioè all’astrazione.
“Doppio Senso” nasce da un utilizzo di due canali sensoriali, l’atto del vedere che si completa con quello del toccare. Un dialogo a due voci che permette la ricostruzione mentale dell’opera, attraverso le immagini tattili, i testi in braille e ad alta leggibilità realizzati dall’Istituto dei Ciechi di Milano, e i laboratori condotti dallo scultore Felice Tagliaferri.
Lorenza Vettor, non vedente, Componente Commissione Nazionale UICI - Sezione Beni Culturali, ha spiegato le strategie di accompagnamento, i linguaggi da utilizzare e quanto sia importante descrivere ai non vedenti sia il contenitore che il contenuto. Organizzare un buon percorso per non vedenti non è sempre facile soprattutto perché bisogna raggiungere per prima cosa il luogo, l’esposizione, il museo. In questo caso, tutti i visitatori sono stati accolti alla stazione Santa Lucia e accompagnati fino a destinazione.
Gli oltre sessanta non vedenti che hanno partecipato a uno degli 8 appuntamenti tenutisi fra ottobre 2015 e gennaio 2016 hanno apprezzato la possibilità concreta di un’esplorazione tattile condotta personalmente con due mani. In questo modo il tempo della fruizione si dilata, favorendo un rapporto intimo con l’opera.
L’esperienza di questi mesi ha rafforzato la convinzione che educare all’arte significa dare emozioni e che occorre educare tutti (non vedenti e vedenti) a saper toccare per vedere il mondo. In questo modo si può fare un’esperienza più pregnante e ricca di significato per poter comprendere appieno l’avanguardia artistica attraverso lo sguardo lungimirante di una collezionista d’eccezione.
Testo e foto di Melissa Tondi