Scuola aperta alle diversità, un valore che va mantenuto
Il presidente della Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano interviene sulle pagine del Correre della Sera nel dibattito sul futuro della Scuola Media di Via Vivaio
Caro Schiavi, le tante reazioni, non sempre informate, relative alla scuola media di via Vivaio, mi impongono di fare chiarezza. Il canone d’affitto proposto dalla Fondazione Istituto dei Ciechi (da me presieduta) al Comune di Milano, in occasione della scadenza del contratto, è stato calcolato sulla base dei valori medi indicati dall’Agenzia delle Entrate previsti per la zona. È stato applicato uno sconto significativo e per rendere più agevoli i servizi forniti dalla Scuola, l’Istituto ha messo a disposizione nuovi spazi rispetto al contratto precedente. Debbo ricordare che la Fondazione negli ultimi anni ha investito oltre un milione di euro per la manutenzione e la messa a norma della Scuola, ospitata presso uno stabile di pregio inaugurato nel 1892. E che l’Istituto dei Ciechi di Milano ha in carico 280 allievi disabili visivi in forma diretta e 140 in modalità indiretta, ospita una Rsa e si appresta ad inaugurare un Centro dedicato a ragazze e ragazzi disabili visivi con disabilità aggiuntive particolarmente complesse. I programmi prevedono, oltre l’ampliamento della Casa di Riposo, l’avvio del servizio «Dopo di Noi». La Fondazione organizza corsi professionali, promuove l’avvio al lavoro di persone cieche e ipovedenti e sostiene la carriera universitaria di almeno 20 ragazzi. I proventi della gestione patrimoniale concorrono al sostegno di questi servizi e finanziano interventi straordinari a favore di soggetti fragili e azioni solidaristiche. Far trasparire che l’Istituto dei Ciechi di Milano si comporti come uno speculatore immobiliare, mentre cerca di rispettare le nobili finalità statutarie, rappresenta uno sfregio alla sua storia e un insulto al grande cuore dei milanesi.
Rodolfo Masto
Caro Masto, è sempre più dura per le amministrazioni pubbliche tenere nel giusto equilibrio le entrate e le uscite, ma nel caso della scuola di via Vivaio vedo solo un calcolo, freddo e contabile, degli assessorati comunali a Demanio e Bilancio, e una scarsa sensibilità della politica che dovrebbe tener conto delle specificità ambrosiane da salvaguardare. Milano è grande anche per le intuizioni del passato in materia di welfare, di assistenza e di attenzione alle diversità, che fanno di una città normale una città ricca. Oggi si deve ricostruire, aggiungendo e non togliendo le risorse pubbliche dove servono: gli investimenti nel fattore umano non sono uno spreco e nella scuola dell’accoglienza ancora meno.
Giangiacomo Schiavi
da Corriere della Sera ed. Milano del 21/10/2021