Intervista al maestro Emanuele Vianelli, organista del Duomo di Milano

on . Postato in Storie

Maestro, innanzitutto un suo giudizio su questo organo che, dopo essere stato per molti decenni in disuso, è tornato a suonare

Il maestro Emanuele VianelliLo strumento è assolutamente incredibile! Amalgama il meglio di tre costruttori imparentati per tradizione e familiarità: Carlo Vegezzi-Bossi, Celestino e Luigi Balbiani e la generazione successiva dei fratelli Balbiani. Lo strumento originario di Carlo Vegezzi-Bossi del 1901, come riportano le cronache, non era esente da difetti. Lo si può intuire osservando le foto presenti in Archivio, dove si evidenzia la collocazione problematica, compressa nella sola arcata centrale.

La macchina venne corretta nel 1919 da Luigi e Celestino Balbiani, quest'ultimo genero di Carlo Vegezzi-Bossi. Hanno fatto il possibile per rendere l'organo fruibile e sonoro, dando l’attuale struttura a tre archi e dandogli quella uniformità di costruzione che mancava. Ma i problemi di fondo restavano irrisolti. Il lavoro notevole è stato quello del 1951, quando i fratelli Balbiani ottimizzarono la struttura.

Questa stratificazione di interventi ne fa uno “strumento di sintesi”, dove si amalgamano tradizioni costruttive differenti, che sono una l’evoluzione dell’altra. L’attuale restauro, ora in via di conclusione, ha corretto i difetti d’origine del 1901, mai risolti davvero, probabilmente per motivazioni di ordine economico.
Lo strumento attualmente è nelle migliori condizioni possibili dal punto di vista della macchina sonora: un capolavoro su cui non si è intervenuti in maniera invasiva.
Sono stati corretti i punti di debolezza, per quanto riguarda la distribuzione dell’aria e le problematiche meccaniche. La cosa a mio avviso importante è che si è mantenuto lo status storico dello strumento, perché stravolgere son capaci tutti, ma correggere su una situazione che ha una sua storicità è molto più difficile.

Cosa rende unico questo strumento?

”È il primo organo da sala apparso a Milano, nel 1901. Successivamente sono stati realizzati quello dell’Angelicum negli anni Trenta e quello in Sala Verdi al Conservatorio, che oggi versano in stato di semiabbandono.

Quello dell’Istituto è un pezzo unico ed è il primo organo da sala che viene ripristinato a Milano. È anche il primo organo che permette l’esecuzione di un repertorio vasto, in particolare della seconda metà dell’Ottocento e della prima del Novecento, con una connotazione romantico-sinfonica. Suonare uno strumento storico ha un valore in sé. Possiamo discutere di gusti - tot capita tot sententiae! - ma se giudichiamo la storia dobbiamo farlo non in base alle nostre predilezioni ma all’oggettività. E questo è un manufatto unico nel suo genere dal punto di vista tecnico e artistico. Permette a un interprete come me di avvicinarsi in maniera filologicamente corretta a un certo tipo di repertorio, che in quest’organo trova un vestito di gala.

Quali differenze ci sono rispetto all’organo del Duomo di Milano?

Scritta Balbiani su una delle consolleSono mondi molto simili, perché costruiti a pochi anni di differenza. Quello del Duomo è del 1938, mentre quello dell'Istituto è sostanzialmente del 1919. L'organo del Duomo si legge in chiave neoclassica con recupero di sonorità del periodo pre-ottocentesco. L'organo dell'Istituto è invece l'ultima propaggine della tradizione romantico-sinfonica, che tendeva a ricreare attraverso le sonorità dell'organo effetti di tipo orchestrale. Cambia insomma la scuola di intonazione che, per l’organaro, è il modo in cui si lavora la canna per ottenere un determinato tipo di suono. L'intonazione è l’anima dell’organo. Come in liuteria parliamo degli Stradivari e dei Guarnieri, nell’ambito degli organi abbiamo gli Antegnati, i Facchetti, i Callido, i Serassi e, nel novecento, i Balbiani, i Vegezzi, i Bossi, i Tamburini la famiglia Mascioni… L’arte organaria è una delle cose di cui possiamo andare orgogliosi in Italia. Anche nei periodi di forte industrializzazione è rimasta il vanto di famiglie che si sono tramandate il mestiere. Una tradizione squisitamente artigianale.
Franco Nicora durante il lavoro di intonazioneL'intonazione che caratterizza gli strumenti delle famiglie Vegezzi-Bossi e Balbiani possiede una spiccata vivacità e personalità sonora che è forse il suo maggior pregio: una possibilità di colori molto ampia, un’intonazione decisa con prospettiva sinfonica. L’idea alla base del progetto è infatti che un organo da concerto debba ospitare interpreti che suonino letteratura vasta. Ritengo dunque che quest’organo rappresenti il meglio della tradizione italiana in un’ottica di sincretismo.

Pensa che susciterà interesse fra gli appassionati e il pubblico dei concerti di musica classica?

Consolle in Sala BarozziPenso proprio di sì. Il maestro Andrea Macinanti di Bologna sta ultimando la registrazione dell’opera omnia di Marco Enrico Bossi, il più grande organista del primo Novecento, secondo dopo Girolamo Frescobaldi nel Seicento. Fu proprio Bossi a firmare l’atto di collaudo dell’organo dell’Istituto nel 1919 e fu lui a tenere il concerto di inaugurazione.

Tastiera della consolle in plateaPer questo Macinanti ha scelto di venire all’Istituto dei Ciechi per incidere alcune trascrizioni orchestrali per organo di Bossi pubblicate in America negli anni Venti, assolutamente coeve allo strumento.
Quella che sta per essere pubblicata è di fatto un’opera discografica di grande interesse, che avrà una diffusione internazionale. Un bel biglietto da visita per l’Istituto!

testo e foto di Marco Rolando

Questo sito o gli strumenti installati forniti da terze parti si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella pagina di policy & privacy.

Chiudendo questo banner o proseguendo la navigazione si acconsente all'uso di cookie.