I nostri allievi - Maria Motta (Rosario Santa Fè 1877- Bettola di Monza 1950)
Maria Motta nasce il 14 maggio del 1877 nella città argentina di Rosario Santa Fe’. Suo padre infatti era emigrato dalla Brianza in Argentina alla ricerca del lavoro qualche anno prima e lì aveva formato famiglia[1].
A quattro anni Maria perde la vista a causa di una complicanza della malattia del morbillo, il padre decide allora di rientrare in Italia; è così che la piccola entra presso l’Istituto dei Ciechi di Milano nel 1885 dove la bambina si forma sia culturalmente che umanamente. Maria si distingue da subito nell’apprendimento tanto che le viene offerto di rimanere come insegnante ed educatrice nelle classi inferiori femminili[2] e le viene affidato l’insegnamento del codice braille ai militari che avevano perso la vista durante il conflitto della prima guerra mondiale nella speciale scuola presente presso l’Ente.
Terminato il periodo lungo dell’insegnamento in Istituto, nel 1927 si ritira presso la famiglia del fratello Alfredo formata dalla moglie Emma e dai nipoti Felicino e Pino a Bettola di Monza. In quegli anni matura la decisione di iscriversi all’Apostolato della preghiera, ma la vera svolta avviene nel 1928 quando conosce l’associazione francese “Croisade des Aveugles” (Crociata dei Ciechi) fondata da Padre Ivo Mollat, un gesuita ipovedente che aveva avuto l’ispirazione di aggregare i non vedenti con le stesse finalità dell’Apostolato cioè quella di unire i fratelli e le sorelle cieche d’Italia nella luce del Vangelo tramite il proselitismo e la preghiera. Nel settembre dello stesso anno con l’approvazione di padre Mollat fonda la Crociata d’Italia convincendo Giuseppe Semenza ex allievo dell’Istituto di Lodi ad affiancarla in quella che sarebbe divenuta una fervente attività. Da allora la sua devozione religiosa è totale, consacrata a diffondere i principi dell’opera e dedita al proselitismo.
Col sopraggiungere della Seconda Guerra Mondiale Maria è costretta a sospendere la sua missione a favore della Crociata dato che la Francia era divenuta una nazione nemica, impegno che riprende febbrilmente al termine del conflitto bellico. Nel 1949 muore il fratello che l’aveva accolta; questa perdita fu per lei un vero trauma; a quell’epoca aveva 72 anni e seri problemi di salute.
La sua preoccupazione ultima sarà di continuare a mantenere viva l’Associazione affinché il suo compito di sostegno e di solidarietà nei confronti dei ciechi proseguisse anche senza di lei. Il testimone sarà raccolto da don Bruno Vignati che all’epoca era vicerettore e insegnante del seminario di Lodi, affiancato dal fidato Giuseppe Semenza.
Morirà tranquilla il 7 agosto del 1950, attorniata dai suoi nipoti e dalla cognata Emma, a lei particolarmente vicina.
Il movimento da lei fondato, rinominato Movimento Apostolico Ciechi MAC su indicazione di Papa Giovanni XXIII che ne approvò l’opera, nel 2018 ha compiuto novant’anni e continua ancor oggi la sua missione[3].
Di Maria ci sono rimaste le raccolte di poesie[4] riflettenti temi a lei sempre cari: della patria durante la guerra, della famiglia, della fede e dell’amore per il prossimo. Si riporta un piccolo frammento di Cuore a cuore: Amiam sorella, amiamoci; alle inerti malinconie, al vuoto onde ci premono gli anni fuggenti, resistiamo, con nobile slancio dei cuori, al bello, al vero aperti..
Enrica Panzeri
Archivista
[1] Notizie della biografia tratte da Alfonso Giorgio, “Maria Motta Una luce che riverbera nel cuore”, Gorle (Bg), Editrice Velar, 2018.
[2] Cfr. Archivio Storico dell’Istituto dei Ciechi di Milano, Amministrazione, Personale, Fascicoli personale scolastico, b. 6, fasc. 105. Nel 1950 il Consiglio dell’Ente propose la medaglia d’oro alla Motta per i suoi numerosi meriti.
[3] Cfr. https://www.movimentoapostolicociechi.it
[4] Diverse sono le sue poesie pubblicate sui bollettini dell’Istituto. In archivio storica è conservata inoltre la raccolta di poesie “Luci dell’anima versi di Maria Motta maestra cieca nell’Istituto dei Ciechi dei Milano” (con prefazione di L.Vitali), Milano, Tipografia Oliva & Somaschi, 1909.