«Anche l’aiuto ai poveri va nel Museo di Milano»
Su Repubblica del 28 maggio 2019 il presidente dell'Istituto dei Ciechi Rodolfo Masto commenta la proposta di un nuovo museo della storia di Milano
«Quando avete parlato del museo della storia di Milano mi si è aperto il cuore e vi ringrazio. Nel senso che dall’inizio degli anni Ottanta ho la fortuna di essere alla guida di enti che hanno accumulato archivi bellissimi, ricchi di documenti dai quali si possono studiare le origini della filantropia lombarda e molto altro. Ho sempre sognato che venissero portati alla luce, come meritano, ma sinora non era mai successo».
Parla Rodolfo Masto e, in realtà, è lui che può aprire un mondo ai nostri lettori, con informazioni non comuni. Attualmente al vertice dell’Istituto dei Ciechi, prima all’istituto Golgi Radaelli, s’è appassionato a quella «macchina del tempo» che sono gli archivi.
Ricapitoliamo. I moderni enti di assistenza milanesi sono eredi dei Pii luoghi elemosinieri, giusto?
«Pochi sanno che a Milano, ben prima del 1300, si era data vita a una rete di assistenza e a un tessuto di servizi alla collettività. È questo che ha caratterizzato il Dna della nostra gente, chi ha di più dà a chi ha di meno, e lo fa attraverso strutture che funzionano, che devono essere efficienti».
Quali sono gli archivi più utili a un museo della storia della città?
«I più significativi sono al Policlinico, ma anche l’Asp Golgi Radaelli ha tracce certissime dal 1200. Stiamo però parlando di chilometri di faldoni, che contengono incunaboli, pergamene, cabrei, bolle pontificie. Va considerato anche l’archivio del Pio Alberto Trivulzio. E parte dell’Archivio di Stato e dell’Istituto ciechi. Certamente anche gli archivi legati alle organizzazioni religiose e alla Curia. C’è di tutto, inoltre molti enti sono diventati eredi universali di grandi casate nobiliari, e hanno introitato i loro archivi di famiglia».
di Piero Colaprico
L'articolo completo è su Repubblica ed. Milano del 28/05/2019