I nostri benefattori - Monsignor Luigi Vitali (1836-1919)

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Gli studi e i viaggi all'estero per formarsi sulla pedagogia speciale, il prestigio dell'Istituto acquisito grazie alla partecipazione a concerti ed eventi pubblici, l'invenzione di un nuovo metodo di scrittura, la creazione di un laboratorio di attività manuali e di un asilo infantile, la realizzazione dell'attuale sede dell'Istituto in via Vivaio. Ecco perché possiamo considerare Luigi Vitali una delle figure più rilevanti nella storia della beneficenza milanese

Luigi Vitali in una foto dei primi anni del Ventesimo secoloLa figura di Luigi Vitali (1836-1919) occupa una posizione di rilievo nella storia della beneficenza milanese nel periodo compreso fra l’ultimo quarto del XIX secolo e la vigilia della Prima guerra mondiale.  Ancor prima della designazione di rettore alla guida dell’Istituto dei Ciechi di Milano, il suo nome era infatti già noto, non solo nella città ambrosiana, in quanto esponente di spicco del clero cattolico-liberale e progressista d’ispirazione rosminiana. L’offerta di dirigere la comunità degli allievi ciechi in sostituzione del dimissionario rettore Bernardo Raineri nell’autunno del 1876, si presentava come un’occasione alla quale, nonostante iniziali esitazioni e perplessità, decise di aderire, anche grazie all’intercessione dell’arcivescovo Luigi Nazari di Calabiana, già benefattore dell’Istituto.  

Consapevole di essere privo di conoscenze sui metodi educativi ed assistenziali destinati ai non vedenti, Luigi Vitali decise di colmare le sue lacune mediante l’apprendimento di studi teorici e attraverso una serie di viaggi finalizzati alla conoscenza dei criteri e delle norme più recenti della pedagogia speciale. Nel 1877 visitò gli istituti elvetici di Losanna, Berna e Zurigo e l’anno successivo si recò a Parigi per prendere parte al Congresso internazionale per il miglioramento della sorte dei ciechi e dei sordomuti, organizzato in concomitanza dell’Esposizione Universale; ciò permise al rettore Vitali di costruire una rete di relazioni indispensabile ad attestare l’ente milanese come centro d’eccellenza, capace a sua volta di proporsi come modello di riferimento. L’Istituto, che all’epoca era nella vecchia sede sul corso di Porta Nuova offriva accoglienza a fanciulli ciechi d’ambo i sessi d’età compresa fra gli otto e i quindici anni, ai quali si proponeva di fornire “l’educazione fisica, morale e civile ... e la loro istruzione intellettuale, musicale e industriale, per renderli utili, quanto è possibile, alla società ed a sé stessi”.  

Fin dai primi anni del suo mandato, Vitali si prodigò per dare la più ampia visibilità ai risultati conseguiti dagli ospiti dell’istituto, sollecitando la loro partecipazione ad importanti eventi pubblici; nella primavera del 1881, il rettore accompagnò l’orchestra dell’Istituto in una serie di sette concerti a Londra, che riscossero vivo interesse e consenso, così come l’unica data effettuata a Parigi sulla via del ritorno e nello stesso anno, l’Istituto presenziò all’Esposizione Nazionale Industriale e Artistica, assieme ad altri enti assistenziali di tutta la penisola, compresi gli istituti dei ciechi di Firenze, Genova, Napoli, Padova, Roma e Torino, inviando materiali didattici e manufatti realizzati nei propri laboratori dalla comunità degli allievi.

Monsignor Luigi Vitali con i bambini ospiti dell’asilo infantile, primo decennio del XX secoloTra gli eventi organizzati nell’ambito della manifestazione figuravano le dimostrazioni di saggi musicali che, eseguiti nel Salone pompeiano dell’Esposizione sotto la direzione di un ex-allievo dell’istituto, il maestro Edoardo Mercanti, riscossero ampio consenso fra i visitatori. Testimonianza tangibile dell’impressione favorevole lasciata sui promotori e sui frequentatori fu la consegna all’Istituto della medaglia d’oro per la sezione della beneficenza, onorificenza condivisa con l’Istituto dei ciechi di Napoli, l’Istituto per sordomuti di Siena, la Congregazione di carità e l’Istituto per sordomuti poveri di campagna di Milano.  

Il quotidiano contatto con gli ospiti della comunità, indusse il rettore Vitali ad applicarsi nello studio di particolari accorgimenti tecnici per la scrittura e la lettura dei non vedenti: porta infatti il suo nome un singolare inchiostro messo a punto nel 1883, che “si adopera liquido, mentre poi una volta steso sulla carta diventa solido lasciando un rilievo pienamente percettibile col tatto dei ciechi. Con esso veggenti possono scrivere ai ciechi e i ciechi leggere lo scritto ricevuto senza bisogno d’interpreti, ciò che finora non si era mai potuto ottenere, malgrado le molte ricerche fatte”. Alcuni saggi realizzati con l’inchiostro vennero presentati all’Esposizione nazionale di Torino del 1884, nell’ambito della quale all’inventore fu conferita una medaglia di bronzo, e al Congresso internazionale promosso dalla Société internationale pour l'amélioration du sort des aveugles ad Amsterdam nell’agosto 1885, dove ricevette ripetuti apprezzamenti.  

Fra le numerose iniziative messe a punto da Vitali rientra nell’ambito dell’inserimento professionale dei ciechi adulti all’interno della società civile, l’inaugurazione nel 1884 del laboratorio di attività manuali intitolato al medico oculista Francesco Zirotti, presidente dell’istituto dal 1877 al 1881 che, sorse nel 1881, di cui il rettore curò la complessa organizzazione e ne redasse il regolamento.

Risale alla fine dell’Ottocento, l’idea di dotare l’istituto di una nuova sede, realizzata nel rispetto dei più avanzati principi igienici e con l’impiego delle più moderne tecniche costruttive. L’edificio sorto su un’area appositamente acquistata in via Vivaio, che era capace di accogliere fino a 200 ospiti e modellato sul parigino Institut National des jeunes aveugles, venne edificato su disegno dell’architetto Giuseppe Pirovano in soli due anni tra il mese di maggio 1890 e l’agosto 1892 e fu solennemente inaugurato il 3 novembre, alla presenza dei sovrani.  L’apertura della nuova sede rappresenta indubbiamente il momento più alto e gratificante del mandato di Vitali, che si era speso personalmente nella sua progettazione e realizzazione. Negli anni successivi Vitali si dedicò a completare il quadro dell’offerta dei servizi dell’istituto, cui mancava ancora un importante tassello: quello dell’assistenza ai più piccoli, ai fanciulli d’età compresa fra i quattro e gli otto anni. Si trattava di un proposito che rimaneva ancora inattuato. Solo nel 1905 l’istituto iniziò ad accogliere ospiti compresi in questa fascia d’età, in alcuni locali appositamente riservati nell’edificio di via Vivaio, avviando nel contempo, con il concorso di un comitato di dame, una speciale raccolta di fondi. Nel 1907 veniva così dato avvio alla costruzione di un nuovo immobile in via Mozart, progettato dell’ingegnere Pietro Fontana, inaugurato il 26 novembre 1908 e intitolato a Luigi Vitali nel 1910. Al suo interno venne significativamente adottato il metodo Montessori, attribuendo un ruolo di primaria importanza all’osservazione individuale degli allievi, all’educazione sensoriale e all’impiego di materiali e sussidi didattici speciali.  A quell’epoca Vitali aveva già ceduto la reggenza dell’Istituto a don Pietro Stoppani (1865-1941) - altro rappresentante del cattolicesimo liberale che dal 1892 svolgeva la mansione di direttore spirituale – mantenendo, dietro insistenza del Consiglio d’amministrazione, l’incarico di rettore onorario e consulente.  

Busto del Monsignor Luigi Vitali in marmoNel testamento pubblicato il 13 novembre dal notaio Natale Fasanotti il rettore volle ricordare un’ultima volta l’Istituto dei ciechi, destinando la somma di 25.000 lire al mantenimento di un sacerdote incaricato dell’istruzione religiosa degli ospiti.  

Ognuno degli obiettivi realizzati ricercato con tenacia e perseveranza da Luigi Vitali durante il suo mandato era stato raggiunto grazie al felice concorso della filantropia lombarda, come ci ricordano i ricchi fascicoli dell’archivio storico e la preziosa galleria dei ritratti gratulatori dei benefattori, facenti parte del Museo visitabile presso l’Istituto.

di Enrica Panzeri Archivista e Melissa Tondi Conservatore museale (estratto dal testo edito di Maria Cristina Brunati)

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